Il grande successore by Anna Fifield

Il grande successore by Anna Fifield

autore:Anna Fifield [Fifield, Anna]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Blackie


CAPITOLO X

Millennial e modernità

«La capitale Pyongyang è un’icona di efflorescenza culturale.»

KIM JONG-UN DURANTE LA VISITA A MIRAE, LA STRADA DELLA SCIENZA, 21 ottobre 2015

Tra le élite che lo tenevano al potere, c’era una particolare sottocategoria che Kim Jong-un desiderava viziare: i millennial, le persone della sua generazione che, se avessero avuto la percezione di prosperare, avrebbero potuto mantenerlo in sella per decenni.

E così, l’autoproclamatosi Brillante Compagno si è prefissato l’obiettivo di ricreare per loro l’enclave privilegiata in cui lui aveva vissuto durante gli anni formativi passati in Europa. Oggi, in Corea del Nord, ci sono ristoranti italiani e sushi bar, pub che vendono birra alla spina e patatine fritte, parchi giochi con ottovolanti e altre attrazioni torcibudella, campi da pallavolo e da tennis e piste di pattinaggio vicine ai fiumi. E ci sono taxi il cui tassametro parte da un dollaro, un quarto del salario medio mensile.

Le élite agiate possono andare a cavallo in finti club d’equitazione svizzeri, completi di imitazioni di recinti di legno e di statue tra i roseti. Possono sciare sulla cima del Masik, a est di Pyongyang, dove Kim Jong-un ha costruito una località con dieci piste, seggiovie australiane e sci italiani disponibili per il noleggio. A tutto ciò, si aggiunge poi un hotel arredato internamente con uno stile che potrebbe essere generosamente descritto come l’incontro tra il classico chalet svizzero e il kitsch nordcoreano, dotato di una piscina coperta riscaldata e di una zona sauna. La ciliegina sulla torta? Il bar in una grotta di ghiaccio.

Oggi, la cricca di Kim può dedicarsi al tiro al piattello e cantare al karaoke, frequentare lezioni di yoga e bere cappuccini con deliziosi volti di animali tratteggiati nella schiuma, mandare messaggi con gli smartphone e far ondeggiare borsette di Gucci o di Christian Dior.

«Alcune sono finte, ma altre sono autentiche» diceva Lee So-hyun, che ha soltanto qualche anno in meno di Kim Jong-un e faceva parte di quello 0,1 % della popolazione nordcoreana.

Lei e il fratello, Hyun-sung, sono nati nell’élite di Pyongyang. Il padre è Ri Jong-ho, che per oltre trent’anni ha racimolato soldi per conto del regime dei Kim. (Continua a scrivere il proprio cognome alla maniera nordcoreana, Ri, mentre i figli hanno optato per la versione sudcoreana Lee.)

Conducevano una bella vita nella Pyonghattan di Kim Jong-un, una capitale cosmopolita creata dal Grande Successore all’interno della capitale stessa.

Sebbene la mercatizzazione abbia portato a dei leggeri progressi nello standard di vita di molte persone, nessuno ha sperimentato i miglioramenti provati dalle cerchie che ruotano più vicini al giovane despota. Un obolo strategico: il regime spera di poter convincere il branco di mocciosi di Pyongyang – i figli dei padroni dei soldi consapevoli del fatto che la vita fuori dal loro paese è molto meglio – che, almeno per loro, non c’è alcun bisogno di andarsene.

Durante la mia prima visita a Pyongyang, nel 2005, avevo visto molte donne vestite in maniera tradizionale e con un approccio estetico decisamente comunista: colori come marrone scialbo, grigio e nero, lunghe gonne, giacche informi, scarpe funzionali.



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